cronache novembrine di un concorso qualunque

Lo dico subito: in questo post sarò politicamente scorretto. Non farò nomi, non dirò dei luoghi, non parlerò dei contenuti. Ma farò illazioni. E forse sarò criticabile perché “non si può gettare il sasso e tirare indietro la mano”. Farò tutto questo, ma sarò breve. E forse starò meglio dopo averlo scritto, e questo mi basta.

Immaginate un piccolo concorso, organizzato da una piccola casa editrice in un centro congressi di una grande e bella città italiana. Immaginate che il pur piccolo concorso sia per storia curricolare e per presentazione di un lavoro o di un progetto e preveda 8 premi in denaro, di importo variabile, tra mille e nove-volte-mille euro. Immaginate che a partecipare siano una qualche decina (sette-otto, per essere un po’ meno approssimativi) di ricercatori, per la più parte precari. Immaginate che ci sia una commissione di professoroni o professorini o comunque di chi, la strada, se l’è fatta quando c’era da mangiare tutto quello che è stato possibile mangiare (e che ora non rinuncia alle briciole). Immaginate che quella qualche decina di ricercatori abbia presentato qualche altrettanta decina di progetti o lavori di qualità, che sono costati tempo, a volte mesi di lavoro, sacrifici e magari anche qualche nottata brave a preparare i pauerpoin’ per la presentazione di fronte alla commissione giudicatrice. Immaginate che, per un qualche scherzo del destino, i commissari “che contano” siano, tipo, otto, è che ciascuno abbia fatto presentare un candidato che lavora nella propria equipe. Immaginate anche che uno dei professori “che contano”, durante il pranzo, si sia avvicinato ad uno dei candidati e magari gli abbia sussurrato, senza preoccuparsi nemmeno più di tanto di non essere notato, “complimenti, aveva vinto”. Immaginate dell’imbarazzo (in generale, come essenza nell’etere circostante, intendo). Immaginate ora, anche, che il pranzo non fosse  al termine del concorso, ma quando non s’era ancora ufficialmente svolta la selezione conclusiva. E poi immaginate otto vincitori.

Ecco, se avrete immaginato tutto questo, e se avrete immaginato gli otto vincitori giusti, avrete immaginato due giorni qualsiasi di questa settimana in un centro congressi di una grande e bella città italiana.

Di tutto questo, mi rimane l’indignazione e al tempo stesso l’impotenza e la rabbia di fronte ad un sistema malato di cui non puoi che essere spettatore. La rabbia di aver “perso tempo”. La rabbia di doversi confrontare quotidianamente, nel mondo della ricerca, con tutto questo e di non avere gli strumenti per poterlo denunciare.

Di questo, mi rimane però anche di aver conosciuto delle belle persone, di aver potuto condividere con loro l’indignazione – e non per una qualche ambizione di risultato, ma per semplice, eppur essenziale, tensione all’onestà intellettuale.

Precari, ma belli.

2 thoughts on “cronache novembrine di un concorso qualunque

  1. Ci sono altri mondi che funzionano così, non solo quello della ricerca, e quello che hai scritto vale già come denuncia, per limitata che possa essere nel suo raggio d’azione. Spero che tu stia meglio e che non perda la voglia dell’onestà intellettuale. Da qualche parte qualcuno che ancora la pretende esiste.

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    • sottoscrivo pienamente, c’è un’infinità di mondi in cui questo accade, soprattutto in Italia. quello che non sopporto è l’aura che circonda la ricerca: la mia impressione, il sentore dai discorsi con gli amici, è che venga vissuta come un mondo illibato, isola felice in cui la disonestà è sconosciuta. la mentalità “mafiosa” di certi contesti è pari a quella di altri mondi, se non superiore…

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