non mi basta

Non mi basta.

Non mi basta che “non è una questione ideologica, io vengo qui per lavorare”. Non mi basta sentir dire: “guadagno 1300 euro al mese, ho una famiglia a carico, qui lavoro più vicino a casa”. Non mi basta che gli operai debbano essere difesi a priori perché vittime ed in quanto lavoratori, per stigmatizzare gli “atti di intimidazione” o  le “violenze gratuite” dei “facinorosi valligiani”; si badi bene, me ne guardo bene dal difendere atti violenti rivolti alle persone: non scrivo per questo, ma per indignazione, e sostengo strenuamente e fermamente azioni non violente.
Non mi basta pensare che sia assolutamente ridicolo che i giornali tutti (o quasi) prendano di mire la voce di un blogger, che per altro neanche si cela dietro l’anonimato, per un post apparso due giuorni fa e che sarebbe “sotto indagine da parte della polizia” per aver definito tali operai dei crumiri. Non mi basta il commento “tanto, se non ci sono loro, ce ne saranno altri, e magari stranieri e pure sottopagati” (!!!).
Non mi basta la giustificazione “è la natura umana”, e chi la porta racconta di come l’esperimento di Stanley Milgram avesse visto lontano, come se un operaio potesse sentirsi esentato da colpe perché una voce autoritaria (nel caso specifico un sedicente governo) gli ordina, e lo paga, per eseguire delle azioni che confliggono con i valori etici e morali, se non degli stessi operai che magari sono anche favorevoli alla Grande Opera, quantomeno del mondo valligiano che li circonda.
Sporcarsi le mani è inevitabile, e forse non vi sono lavori immuni; non essere conniventi è altra cosa. A costo, nei limiti del possibile, di rinunciare ad un lavoro, o di dover chiedere aiuto, o di dover fare sacrifici per un certo periodo, o di sudare per trovarne un altro, che poi magari è anche precario – e chi scrive, in altra situazione, ha scelto di fare questo, non parla per ideologie.
E lo so che questo è un post scomodo e facilmente opinabile. Ma non mi basta lo stesso.

29 thoughts on “non mi basta

  1. Ho letto anche gli ultimi post di Maverick per capire, ma la questione TAV resta complessa agli occhi dei più. Nonostante abbia parlato con attivisti notav e protav, non ho una posizione definitiva (sono di quelle cose in cui se ti trovi a parlare con l’uno e con l’altro, obiettivamente, adducono motivazioni sensate alla loro causa e tu rimani un pò in mezzo), anche se ultimamente l’idea di un percorso alternativo già esistente e sfruttabile mi ha illuminato fortemente protav, se vero.
    detto questo ti ringrazio per avermi edotto sugli esperimenti tenuti da Milgram (che poi ho trovato quelli di Rosenhan) perchè sono interessantissimi! (Peraltro è il caso che legga la Arendt “La banalità del male” visto che ce l’ho a casa!)
    (questo è il positivo del web!) 🙂

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    • guarda, io ultimamente mi sono fatto l’idea che i media siano speciali nel rendere complessa una questione che, dal mio punto di vista, è estremamente lineare… al di là della mia posizione che immagino sia facilmente intuibile.
      in ogni caso l’esperimento di Milgram per me è qualcosa di imprescindibile e geniale, per fugare eventuali dubbi che il post potrebbe aver creato!
      (p.s. mi sa che ti è scappato un pro al posto di un no, se parli di percorso alternativo già esistente, ma te l’abbuono, dai ;))

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  2. non lo so, sai, se il tuo discorso fila del tutto. cioè, a me non fila del tutto.
    parlo della storia del lavoro, al di là di tav ed esperimenti.
    per lavoro io mi occupo di aziende e dipendenti. e di aziende in questi due ultimi anni ne abbiamo chiuse tante.
    nell’estate di cinque anni fa sono stata assunta e un mese dopo abbiamo chiesto per una ditta la prima cassa integrazione. me lo ricordo bene perchè non ci era mai capitato e abbiamo dovuto imparare tutto. adesso ci stupiamo di chi NON chiede la cassa integrazione. orari ridotti, licenziamenti, assunzioni a termine, mille modi per usare i voucher, fallimenti. tanta gente a casa.
    quindi il discorso di trovare un altro lavoro, di fare un sacrificio, di rimanere a casa, in questo momento a me non fila per niente. cinque anni fa sarei stata d’accordo con te, ora no.
    forse nella tua zona la situazione è migliore che nella mia, forse è il mio lavoro che più del tuo mi fa vedere le ditte che chiudono, forse io sono una persona dannatamente poco idealista, non lo so, ma io non riesco a non vedere le ragioni di chi quel lavoro in questo momento se lo tiene.

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    • so che questo è uno dei maggiori ostacoli alla logica del discorso ed uno dei suoi aspetti maggiormente opinabili. però non mi sta bene che si dica “lavoro a qualunque costo”. so bene come avere un lavoro, per giunta magari fisso, oggi in italia sia cosa preziosa, ma questo è un altro problema: riguarda l’occupazione, non la scelta di accettare o opporsi a un qualcosa di insensato che, oltretutto, contribuisce a gravare ulteriormente sulle casse statali e a peggiorare una già provata economia. perdoami il paragone azzardato: io non riesco a difendere un sicario solo in nome del fatto che lo faccia per lavoro, probabilmente in nero ma comunque retribuito: il bisogno del lavoro non deve giustificare qualunque nefandezza. analoga obiezione quando parlo di boicottaggi, ad esempio: “eh, ma così chiudono le fabbriche”. no, è diverso, pretendo che in una fabbrica non lavorino dei bambini 18 ore al giorno. immagino che a molti degli operai del cantiere di chiomonte non sia stato posto un out out: o lavori qui o ti licenzio. no, nella maggior parte dei casi, come da interviste rilasciate in questi giorni che puoi torvare in rete o su carta, verosimilmente è stata una scelta consapevole.
      a me questa cosa fa indignare. ma come dico sempre, ormai è una vita che sto dalla parte sbagliata, per cui non faccio testo…

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      • il fatto è che una persona lavora in una ditta x che fa lavori x. poi questa ditta vince l’appalto e viene a lavorare lì e il dipendente finisce in mezzo al casino. non è il dipendente che ha scelto di lavorare lì, quello è il suo lavoro e lo fa. se la ditta ha altri cantieri e la ditta può spostarlo altrove, ok, ma se non ci sono altri cantieri o i cantieri sono già pieni… il dipendente sta a casa perchè si rifiuta di fare il suo lavoro, può essere licenziato per giustificato motivo, in quel lavoro non è prevista un’obiezione di coscienza.
        il mio è un discorso generico, senza conoscere i casi a cui tu ti riferisci, per cui non ha molto valore. magari è il caso di lavoro interinale e le regole sono differenti, ma comunque non è che se tutti stanno a casa, tutti possono essere messi da un’altra parte.
        e sono d’accordo sul discorso su sicari o sfruttamento minorile (sul boicottaggio siamo d’accordo) ma il paragone non te lo lascio passare che è un po’ troppo tirato.
        secondo me non è che sei dalla parte sbagliata, è che alcune cose del mondo del lavoro (intendo proprio meccanismi, cavilli, dinamiche e prassi) non le conosci molto bene, quindi certi aspetti non li vedi. io avevo un’idea del lavoro molto, molto diversa prima di fare ciò che faccio oggi. tu segui gli ideali, io li scorgo appena dietro il cumulo di realtà che ho davanti. e credo che la parte meno giusta sia la mia, perchè ogni tanto sarebbe bello riuscire a guardare gli ideali senza perdersi prima. e questo mi dispiace.

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      • e lo sapevo che i paragoni non me li facevi passare 😉 erano un po’ forzati, vero, ma era per rendere l’idea.
        guarda che io capisco perfettamente quello che dici, ed ho altrettanto ben presente il meccanismo, e concordo che il tutto non fa una grinza ma se si guarda dalla parte dell’azienda. la mia provocazione riguarda il lavoratore, non l’azienda (a parte che lavorare nel cemento non è garanzia di limpidezza, ma lasciamo perdere). il problema per me non è se tu lavoratore vieni spostato da una cantiere x a y, e magari in x o y c’è anche da sporcarsi le mani ma, come ho scritto, ci sta. il problema è che y è il cantiere di chiomonte, punto. il problema è *quel* cantiere, e la voce di una valle di cui quegli operai fanno parte.
        umh. troppo polemico, oggi?

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  3. Ma voi due siete due fichissimi. E io son più dalla parte dei vinti così, di superficie ma neanche tanto. No, non ci sono le parti degli ideali e quelle dei vinti, è profondamente sbagliato che le alternative siano due e tutte e due così di merda. No, noi dobbiamo cominciare a pensare in un altro modo, in un altro mondo. In questo altro mondo il lavoro non è una manna dal cielo, non è un dono, in un altro mondo il lavoro è uno dei contributi che io do al mio stato affinchè sia io che suddetto stato possiamo diventare migliori entrambi. In un altro mondo io ho tutto l’interesse a far bene il mio, e il mio stato pure ha tutto l’interesse a gratificarmi. Ma in questo mondo siamo lontani dalla pigrizia italiana che appena vede un benfit lo prende per sè e ne abusa, siamo lontani da questo sistema che non ha interesse a crescere.
    Dio che logorroica edp. Amen.

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    • un mondo così sarebbe splendido. ma poi tu perderesti tutto il lavoro legato agli stress lavorativi 😀
      (e comunque, scherzi a parte, io mi chiedo cosa ci sia di così malato nella nostra mente da spingerci con ostinazione a non perseguire un benessere collettivo che inevitabilmente comporterebbe quello individuale, per diamine)

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  4. Mi piace il riassunto della tua posizione, un po’ “di pancia”. Lo condivido anche, in larga parte. La cosa che mi lascia più sconcertata è che purtroppo si continua a sperimentare come “i media” muovano l’opinione delle persone nella direzione che più giova al sistema (non volevo abusare di questo lessico militante, ma si spiega bene così) senza che si possa reagire in alcun modo. Per dire, il sito di repubblica lo leggo pure io, sempre. Non ci si smarca da questo. E la cosa buffa è che certe volte se ne trae pure vantaggio (leggi corteo per Giorgiana Masi -300 persone- versus marcia per la vita .-non so quanti ma molti di più, sicuro-)… accidenti.

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  5. partiamo dall’assunto che tu abbia ragione nella questione di fondo (TAV sì, TAV no), ma aspettarsi che siano gli operai, rinunciando al proprio lavoro, a dirimere il nodo, lo trovo tra il donchisciottesco e il cinico, e perdona la franchezza.
    ml

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    • umh. non sono convinto, no. sul donchisciottesco sono d’accordo solo in parte: mi tengo la parte della lotta per la giustizia, ma non quella dei mulini a vento. la storia è piena di esempi di operai che hanno bloccato i processi produttivi, alcuni sono falliti, molti sono stati efficaci e senza conseguenze per i lavoratori. e in questo caso, inoltre, c’è il sostegno di una valle intera. allora, alla stregua, mi chiedo: sono donchisciotteschi lo sciopero? l’obiezione di coscienza? (anche in ambito medico) per me no, altrimenti si accetta tutto.
      sul cinico invece non sono proprio d’accordo. breve racconto di quanto accennato nel post: lavoravo nei laboratori di un’azienda di certificazione di qualità, che aveva tra i clienti anche società di un certo spessore. un giorno scoprii che i risultati delle mie analisi venivano falsificati dai capi, a favore di certe aziende, tra cui anche nomi “scottanti”. ero da solo e non appoggiato dai miei colleghi, conniventi col sistema per gli stessi motivi del post: non posso perdere il lavoro, qua sono tranquillo, bla bla. da solo, non avevo possibilità di denunciare, scelsi di licenziarmi, pur costandomi non poco, ovviamente, rimanere senza un lavoro. a distanza di circa 10 anni, uno di quei capi venne condannato in via definitiva per associazione mafiosa, anche in relazione alle attività delle sue aziende. ho benedetto il giorno in cui scelsi di non essere connivente. per me non è questione di cinismo, davvero, ma di etica.

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      • Ti capisco e se hai gia’ pagato di persona in passato non posso nemmeno darti del cinico. Cio’ non toglie che io continui a provare un certo disagio di fronte a questo “non mi basta”. Mi torna in mente willy brandt, “non siamo nati eroi”.
        Comunque sempre stimolante quello che scrivi.
        Ciao
        ml

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      • grazie, ed altrettanto stimolanti i tuoi commenti. non ho letto il libro di brandt, ma mi hai incuriosito, lo cercherò. se però il senso della frase è come immagino, in questo sottoscrivo pienamente e rinforzo il senso della collettività: l’impareggiabilità del non essere soli.

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    • è vero, ed ultimamente li sto rivalutando molto. anche se meditati e non impulsivi: rispetto al post, ho riflettuto un po’ prima di scriverlo ed inviarlo, l’argomento è foriero di discussioni e la considerazione forse è un po’ delicata. grazie, comunque, dell’appoggio!

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