il lavoro debilita l’uomo

Il controllore a vista di abbonamenti di pendolari davanti al tornello con accesso senza tesserino magnetico; il refillatore di latte fresco e merendine nelle macchinette automatiche della stazione; il consegnatore in scooter di giornali stranieri alle edicole; il gonfiatore di ruote delle biciclette del servizio a noleggio, che con camaleontica precisione si trasforma un attimo dopo in spostatore di biciclette da una postazione di noleggio all’altra; l’installatore di telecamere (quasi) invisibili sui pali della luce (scena già vista qualche tempo fa); il tinteggiatore di pannelli per installazioni adibite a manifestazioni pubbliche; il tracciatore di segnaletica orizzontale verniciata sull’asfalto; il cancellatore, mediante spruzzo di vernice coprente, di graffiti e murales (trasformati, come per magia, in patacche giallognole su sfondi variabili dal bianco-sporco-sporco al grigio-perla); il suo alter ego, lo spatolatore di muri per rimuovere le impervietà causate dal lavaggio strade fino a cinquanta centimetri dal suolo; il soffiatore di foglie secche (le prime a comparire, nemmeno è ufficialmente autunno, e già sono in pista); il disbrigatore di pratiche amministrative mediante consegna brevi manu, anche detto galoppino per cartaccia inutile, appoggiato alla portiera della vettura di servizio; l’alzatore mediante telecomando di sbarra di accesso ad area privata; ma sopra ogni altro, lui: il pulitore di citofoni in ottone dei palazzi ingrigiti della Milano da bere, mediante straccetto e detergente spray rigorosamente color azzurro cielo.
Questi, alcuni dei mestieri che il mio sguardo ha casualmente incontrato oggi mentre mi dirigevo a lavoro, in bicicletta, a Milano.
Ecco, sono questi i momenti in cui penso, trasognante, che essere un ricercatore precario sia stupendo.

45 thoughts on “il lavoro debilita l’uomo

  1. hai visto la pubblicità dei guerrieri dell’enel? A me mette una tristezza addosso che non ti dico e mi verrebbe voglia, ogni volta che la guardo e penso alle ore che ho buttato a fare la guerriera, che tutto ciò che ha a che fare con un lavoro che possa servire veramente all’umanità, ricercatore incluso, ha senso e che il resto sia solo posticcio…poi penso anche che sto invecchiando, senza speranza di rallentare il processo

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    • no, mi spiace, non ho avuto occasione. se è in tv, mi manca l’elemento primo… quello che scrivi in realtà mi fa venire in mente “i giusti” di borges: sono spesso le piccole cose, quelle ricche di una sana ostinazione, che salvano il mondo. chissà.

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  2. ahahahahah!!! fantastico ammen!!! (e scusa se ti chiamo “ammen” ma mi piace quest’idea di chiosa pseudoreligiosa!)
    Lo sai che con una mia collega facciamo proprio il gioco di dirci quali lavori abbiamo visto fare che ti fanno dire “cacchio dai! il nostro è meglio!”
    Quando usciamo insieme poi e ci capita di osservarne qualcuno, ci giriamo e basta lo sguardo reciproco per farci precipitare in qui quo qua…della serie “pensi anche tu quello che penso io?”.
    l’ultima è stata al mauto (museo dell’automobile) dove c’era una ragazza (alla quale va sempre la nostra solidarieta) che doveva premere un bottone per far aprire una sbarra per far salire gli avventori su un vagoncino che faceva fare un inutile e lentissimo giro di pista…

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  3. Parlavo con un amico alcuni giorni fa del lavoro, del significato enorme che gli diamo. Non riesco a trovare un valore così grande al lavoro. A me piace moltissimo quello che faccio, ma non nego di farlo per soldi (pochi),
    Sono sbagliata?

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    • io tendo a distinguere abbastanza. ci sono le marchette, e ne ho fatte parecchie (la peggiore: interviste qualitative sul volontariato in italia); e c’è la passione, e lì sono cavoli, di questi tempi, a meno che la passione non sia sciacallare la gente con polizze assicurative. le mie, ricerca e teatro, sono tra le vie migliori per scrivere post così 😀

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  4. Io lo penso anche ogni volta che alla ti passano spezzoni di filmato in cui si vedono persone che lavorano in un punto qualsiasi di una fabbrica. Un ingranaggio in un ingranaggio ancora più grande. A ripetere con costanza sempre gli stessi gesti.

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