quando c’era lui, i treni arrivavano in orario

Non è vero.
Mi però sembrava un ottimo titolo per introdurre un breve amarcord che mi è stato suggerito dal tema del “Microfono aperto” di Radio Popolare di questa mattina: ho la fortuna di appartenere a quella generazione che ha vissuto il pieno dei suoi vent’anni nel momento in cui tale età non poteva non essere segnata da una vacanza in InterRail. Anzi, da una ovviamente-mitica-nonché-indimenticabile vacanza in InterRail, come raccontava per diversi anni chi ebbe la possibilità di viverla in tempo prima che una congiuntura astrale facesse impazzire contemporaneamente tutti i gestori delle reti ferroviarie europee, rendendo il viaggio in InterRail una vacanza più adatta a ricchi possidenti terrieri anziché alle paghette accumulate faticosamente in un anno da studentelli sbarbatelli modello “quattro amici una chitarra e uno spinello” (posto che una tappa fissa del novanta per cento dei viaggi InterRail dei giovani compresi tra diciotto e vent’anni fosse, ovviamente, l’Olanda con i suoi coffee shop antonomasticamente associati alla pericolosissima libertà di costume dei discendenti dei Batavi).
Quando c’era l’InterRail, i treni non arrivavano in orario, manco a spingerli, ma quelle coincidenze perse non erano un dramma, no; l’InterRail, per un ventenne, era pura magia, quella inseguita per anni e di cui stavi finalmente percorrendo (non solo metaforicamente) i binari.
Erano notti all’addiaccio in improbabili stazioni mitteleuropee, erano giorni in cui le docce diventavano un’opinione e le scatole di sardine un pranzo da nababbi – ma già si pensava alla bellezza del racconto, al ritorno; erano tende divise in quattro zaini per alleggerire il peso di picchetti, pali e copertura che chi è abituato alle tendine super-leggere del nuovo millennio non può nemmeno immaginare. Erano un’avventura che cominciava per tanti, tantissimi, sul Milano-Parigi notturno, perché l’InterRail si divideva in fasce di distanza e i più squattrinati potevano permettersi di raggiungere solo le più vicine all’Italia, e la Francia era lì.
E così, da quel viaggio notturno per Parigi, cominciarono anche per me, gli InterRail verso il Nord, verso le antologiche bianche scogliere di Dover. Li racconto ancora adesso, ne ricordo i dettagli con una lucidità che non mi sarei, allora, mai immaginato di poter conservare. Racconto la notte passata all’addiaccio nel giardino inglese a fianco a Buckingham Palce e i bobbies che ci puntano le torce in volto; racconto la notte sul lago di Lochness passata a dormire nell’androne di un negozio di elettrodomestici; o l’eclissi di sole vista dalle vie di Dublino con una pellicola di rullino srotolata condivisa con almeno altri dodici passanti; racconto gli appuntamenti alla-spera-in-dio-all’ora-tale-nel-posto-tale al tempo in cui non esisteva la telefonia mobile; o ancora di Bono (sì, lui, Bono Vox, Bono degli U2, al secolo: Paul David Hewson) che fa footing davanti alla nostra tenda sulla spiaggia su cui c’eravamo accampati; e racconto poi degli amici incontrati per caso e, per grande bellezza, rimasti tale dopo anni.
Racconto, soprattutto, di quando mi misi a fare il madonnaro per le vie di Dublino, in Temple bar, con i gessetti premeditatamente portati dall’Italia. In un’oretta raccolsi la commovente cifra, se la memoria non inganna, di due irish pounds e una venticinquina di pence: commovente perché, nonostante non fosse sufficiente a pagarsi nemmeno una Guinness, era quanto bastava per elevare l’ego di un poco-più-che-ventenne – alle primissime armi con l’arte di strada – a livelli interplanetari.
Il disegno era, ovviamente, quello di un ventenne con la testa fra le nuvole: una mano che solca la terra con una piuma (e trovateci pure tutti i sensi metaforici che volete, rimarrà pur sempre il disegno di un ventenne).

mano.temple.bar

Peccato non esista più un InterRail degno del suo nome. I gessetti son sempre nel cassetto, pronti all’uso.

58 thoughts on “quando c’era lui, i treni arrivavano in orario

  1. ma veramente l’hai fatto tu? ho capito bene? perché è davvero ben fatto…son passata da lì ben più in là negli anni, ma una guinness te l’avrei offerta subito!
    (pensa che mio figlio è appena tornato con l’interRail dalla Cornovaglia….)

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  2. Ero nella generazione dopo, quando gli interRail costavano già un po’ di più e mi dovevo accontentare di giri in bici per i grandi laghi del nord… Italia. Mi sarebbe piaciuto farlo un viaggio… e ho recuperato dopo, anzi ora, con il tempo e la maturità. Sicuramente i racconti di quelle “gite fuori porta” hanno sempre il loro fascino… come i gessetti nel cassetto pronti all’uso

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    • ma non credo, sai? secondo me siamo coetanei, mi sa che l’InterRail t’è scappata per pochissimo. già io non sono riuscito a rientrare nella primissima stagione degli InterRail, quando davvero costavano niente, e credo d’aver fatto appena in tempo prima del boom (fallimentare, poi, perché da quando costano una sassata i viaggiatori sono drasticamente diminuiti).

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  3. I miei inter-rail furono tutti di sud Europa, ma i racconti sono gli stessi… E ricordo anche un viaggio a Praga che non fu inter-rail ma fu una settimana in quattro con centoventimila lire a testa, viaggio incluso, che fu come l’inter-rail. Sul ponte Carlo l’Amico Scrittore suonò il flauto per qualche corona. Una parte di noi è ancora lì.

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    • per me il contrario: tutti gli interrail verso nord, insieme ad uno splendido giro della mitteleuropa in furgone in otto, mentre verso sud viaggi della speranza in nave in economia. praga, incredibilmente, per varie coincidenze sfortuite mi manca. conto di rimediare presto.

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  4. Fratello io ho compiuto i 18 anni in Germania, per noi è stato Germania e Danimarca, Interail tedescone. L’Irlanda era il mio sogno ma troppo, troppe zone, troppo caro, gli amici non la amavano così tanto, eravamo in 4, due son testoni all’università e uno è un prestigioso anestesista. Gli U2 li avevo così nel cuore che se avessi visto Bono ci sarei morta stecchita dall’emozione e addio. Te la invidio di un’invidia buona, questa Irlanda in libertà. Ci son cose che hanno un tempo per esser fatte, oltre quel tempo non è più la stessa cosa e tantovale non farle. Io per me ci metto Cuba, l’Irlanda e gli U2 dal vivo.

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    • ma sai che sul tanto vale non farle non son mica convinto fino in fondo? certo, cambia lo spirito, forse la sostanza, ma se non ci sono impedimenti oggettivi perché non lasciare aperta la porta? penso proprio a cuba, ad esempio, dove io andrei comunque, sapendo certo che quello che trovo ora non è quello che avrei trovato vent’anni fa.

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      • posso intromettermi per dire che cuba è una ròba che non saprei davvero descrivere, ha un fascino, anche una contraddittorietà, paesaggi, ossigeno, e insomma, suoni, colori, ricordi, ed echi di ricordi, che bòh, secondo mòi, ancora per un pochetto ancora vale la pena di provare.

        io la ho scoperta due anni fa. e ci tornerei domani.

        amme, è bello rileggerti.

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        • senza esserci mai stato, appunto, ma la immagino con le parole che hai usato: contraddittorietà, paesaggi, ossigeno, suoni, colori, ricordi ed echi di ricordi. saranno stati i brevi racconti di yoani sanchez a creare questo immaginario, sarà che i buena vista suonano ancora per un anno e poi, anche loro, si consegnano (giustamente) ai ricordi, sarà che in fondo le icone possono anche passare ma il motivo per cui sono nate, prima o poi, da qualche parte, lo ritrovi…

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  5. Che bel post, pieno di poesia e di ricordi che scaldano il cuore! Certe cose non si scordano mai, anzi si scordano molto meno di tante altre, ci si rimane attaccati, si conservano per riempire momenti e spazi vuoti!
    🙂

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  6. Ora, quando dico alla mia figliastra ventenne, perchè non fa l’interrrail, le viene l’esaurimento. Dormire per terra? Portarsi uno zaino in spalla? Cielo, sembra io le proponga il martirio!

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    • ecco, ogni tanto mi chiedo se questo accade perché siamo diventati vecchi noi con una velocità impressionante e non ce ne rendiamo conto o se c’è qualcosa che, a un certo punto, nell’evoluzione della società umana in cui viviamo è andato davvero davvero storto…

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  7. Che si darebbe oggi per avere ancora vent’anni. E rifarlo. E dormire nelle stazioni. E avere ancora una caterva di errori da commettere. E, adp, questo è un colpo basso. Che tra una quindici di giorni, son 40, e a me pare di averne avuti venti solo ieri.

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  8. Per noi dal Sud sarebbe stata già un’avventura arrivare alla stazione di Milano! Non avevamo treni ma traghetti, notti sui ponti fra l’umido e le stelle per arrivare sempre più lontano. Gli anni e le emozioni, leggendoti, erano sicuramente le stesse.
    Non tornerei indietro ai vent’anni, mi bastano quei ricordi a scaldarmi il cuore.

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    • certo che si può! solo costa più di prima e soprattutto si è limitati dal fatto che in molti stati non puoi prendere i treni alta velocità senza sovrapprezzo. se vai sul sito trovi tutte le info (cerca interrail su google, è in cima ai risultati).
      però, come dire… se rientri nella cifra, perchè no?

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  9. aaahhh…ma sai che si parlava dei viaggi in “interreil” (:)) proprio l’altroieri in macchina?
    tornavamo, io max e due adolescenti dai paesi baschi…
    io pure purtroppo, come pendolante, non ebbi il permesso. Nonostante avessi lavorato due estati per mettere da parte i soldi, non l’aveva fatto mia sorella e di conseguenza nemmeno io (!?).
    In realtà era proprio quel senso di eccessiva liberta, quella possibile irrantracciabilità che faceva paura ai genitori.
    Perchè poi ottenni il visto genitoriale per andare in grecia con il ragazzo dell’epoca.
    Io però ci rimasi male, non volli nemmeno veder partire gli amici!
    Però Max ne ha fatti per tutti…dai 17 ai 20 anni praticamente s’è visto tutta europa. Ci siamo bevuti i suoi racconti, soprattutto di quello in solitaria… 🙂

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    • eh già. penso proprio tu abbia vissuto uno degli aspetti critici, quello della “paura da indeterminazione del luogo e/o del tempo”… il principio di indeterminazione di heisenberg applicato alle vacanze in “interreil”! 😀 poi, da solo, che spettacolo. impagabile, se vuoi essere aperto al mondo.
      invece, pensavo che prima o poi scriverò un post sulla questione del diritto all’uguaglianza delle cose ricevute tra fratelli. è sottile il filo che separa il “diritto a ricevere anch’io” dal “divieto di ricevere entrambi”. sottile quanto un macigno. grazie dello spunto di riflessione.
      (ah, e bentornata! paesi baschi spagnoli o francesi? dai primi, ero rimasto un po’ deluso. sarà che venivo dal cammino, e la bellezza negli occhi era un’altra…)

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      • guarda, se mia madre avesse potuto fare 2 chiacchiere con lui, Heisemberg avrebbe rinunciato e ceduto a lei il nobel!
        aspetto con ansia il tuo post perchè io, da madre di figlio unico, sta cosa non la capirò mai!!
        perchè avevo il diritto di portare i suoi vestiti (peraltro demodè visto che ci sono 7 anni di differenza) ma non a fare cose diverse avendo io aspettative diverse?
        temo che i genitori non sappiano veramente fare il distinguo tra le indoli diverse dei figli…soprattutto quando uno è molto vicino alla loro idea di figlio e l’altro meno.
        ma vabbè…se continuo vado in analisi! 😀
        paesi baschi franco-spagnoli…da bilbao a biarritz (unico posto davvero da scappare via!)…una settimana sola e sotto un’acqua impietosa; però di bilbao che te lo dico a fare, el gug, di san sebastian l’allegria e la vita, di saint jean de luz il primo raggio di sole della settimana, di bayonne e donibane l’aria decadente accentuata dai nostri pastrani e dalle nuvole nere, dei paesi interni le sidrerie…insomma, son di bocca buona! :D:D

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        • mah, da questo punto di vista mi ritengo abbastanza fortunato: credo che i miei abbiano attuato con me e mia sorella delle scelte commisurate all’età di differenza e relativamente ben bilanciate, nonostante il sesso diverso e i molti anni che ci distanziano. ma il mio è giudizio di secondo figlio, sarebbe più giusto chiedere il parere di mia sorella…

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