il signor G.

Parte I. Il personaggio.

G. è il segretario del nostro dipartimento. Ha una sessantina d’anni. Di lui, a parte i baffi meticolosamente curati, colpiscono alcuni particolari che inevitabilmente saltano agli occhi di chi lo frequenta, anche senza eccessiva assiduità. G. è balbuziente: la balbuzie si insidia, per altro, e attecchisce su un idioma non facilmente identificabile come lingua italiana ufficiale, rendendo non facile la comprensione del testo e del labiale. G. si lava i capelli nel lavandino della stanza della segreteria del dipartimento. G. non conosce una parola di lingua inglese, lingua che, potete ben immaginare, non è proprio secondaria per chi lavora nell’ambito della ricerca e deve assolvere a svariate comunicazioni giornaliere con ditte&affini. Da G. è sempre possibile trovare la Gazzetta dello Sport, sul tavolo all’ingresso della segreteria. G. fuma; a volte, anche in segreteria, premurandosi di chiuder la porta con svariate mandate di chiavi e spalancare le finestre (ma la carta, si sa, assorbe l’odore più dei vestiti). G. scrive lentamente: si sofferma su ogni lettera, ogni numero, come se dovesse ogni volta ripescare nella memoria la sequenza del movimento che consente di imprimere un segno grafico sul foglio; quando dalla memoria tal sequenza riaffiora, il gesto si compie con leggero tremolìo. G. non manca mai di raccontarmi le ultime notizie calcistiche – per le quali, potete sempre ben immaginare, non nutro, diciamo, particolare interesse – sulla scalcagnata squadra della sua città, nonché città nella quale io abitai per una venticinquina d’anni, cogliendo in questo trait-d’union la possibilità di trovare un incipit per qualunque conversazione. G., in compenso, quando non deve scriverlo su documenti ufficiali, sbaglia regolarmente il mio cognome da tredici anni a questa parte, sostituendo la vocale finale (mi viene il dubbio che ormai lo faccia quasi per gioco). G. è refrattario a qualunque tecnologia informatica e qualunque procedura automatizzata che tale tecnologia sia in grado di offrire per facilitare lo svolgimento del lavoro.

Parte II. La persona.

G. è il segretario del nostro dipartimento.Ha una sessantina d’anni, quasi trentacinque di servizio. G. è puntuale, puntualissimo. G., per la verità, è ossessivamente puntale. Non intendo solo in termini di orario: G. è in grado di anticipare qualunque necessità. G. ha compilato gli ordini per le ditte, la documentazione per i congressi o per i progetti, qualunque altro modulo il dipartimento possa necessitare ancor prima che chi ne ha bisogno formuli la richiesta. G. ricorda a memoria ditte, contatti, procedure, cartelle di  fascicolazione, date degli ultimi dieci anni. E non ne sbaglia uno. Niente di patologico: solo straordinaria dedizione e grande, grandissima, puntualità. G. ricontrolla, meticolosamente, ogni operazione, affidandosi alla magnificenza della sua antidiluviana Olivetti Logos 444 che, ogni mattina, con cura, collega alla presa di corrente. G. non ha mai sbagliato un conto da che lo conosco, e son tredici anni, e potrei garantire per altrettanti, ed altrettanti ancora, precedenti. G. chiede, non dà mai per scontato per eccessiva sicurezza. G. rispetta, e fa rispettare, pedissequamente le regole (“se non c’è DURC, no pasaran“). G. sorride, sempre, e sorridendo accoglie qualunque delle nostre più balzane richieste . G. usa un linguaggio d’altri tempi e, se per caso scappa una qualche trivialità (?), non manca di chieder venia: «Guardi, dottore, quello lì ha fatto p-proprio, mi scusi il termine, una scemenza enorme, mi scu-scu-scusi l’espressione». G. è il segretario senza il quale la burocrazia del dipartimento collasserebbe sotto il peso dell’inettitudine di chiunque lo sostituisse. G. non parla, fa.

Parte III. Epilogo.

Questo post non è dedicato a G. È dedicato a tutti i lavoratori imprescindibili che, silenziosamente ed incessantemente, sostengono questo malconcio paese. E mi si perdoni la mai troppo poca faziosità di pensiero se, come termine di confronto, alludo a certuni personaggi con ruolo politico dirigenziale che riempiono le cronache di parole, Zelfie e pochi, pochissimi, fatti.

2014-09-16 11.03.04

28 thoughts on “il signor G.

  1. Ogni volta che incontri un signor G. ringrazi che la sorte, il caso, la vita l’abbia messo sulla tua strada. I signor G. sostengono sulle loro spalle non solo questo malconcio Paese, ma anche noi, arruffati, maldestri, confusionari, che rincorriamo mille cose e ogni tanto ce ne scappa qualcuna. E loro son lì, a raccoglierla, a rimetterla al loro posto, sempre con quel sorriso gentile, quelle espressioni educate, che costringono anche te, che contessa non sei, a moderare il linguaggio, perchè capisci che in quella situazione, con quella persona sarebbe, ecco, sì, una sgradevolezza.

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  2. Mi hai fatto venire in mente il nostro custode M. Sordomuto, assunto con la 104, da personaggio. Da persona mandava avanti la scuola, e da quando è andato in pensione, tristemente, si vede.

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    • a volte penso che la 104 sia lo specchio perfetto della nostra società: ho presente una pletora di individui che ne decantano il grande valore morale, salvo poi lamentarsi quando l’interazione con un disabile (anzi diversamente abile, anzi sogg socialm svantagg, e così ho completato la lista del politically correct) cozza contro ptoduttività ed interesse personale. sono troppo cinico?

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  3. La nostra signora G ha un contratto a termine, nonostante l’età. E non è un personaggio, non gode nemmeno di quel briciolo di notorietà. Di anno in anno incrociamo le dita, ché almeno le diano qualche mese di stipendio.

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  4. Mi chiedo perché um signor G. non occupi mai un posto di potere nel nostro paese…
    O forse la poltrona cambia il modo di vedere?
    Finora ho visto solo mio fratello,giuro che non lo dico per vantarmi,intendere il potere con spirito di servizio.
    Un silenzio eloquente sui miei direttori presenti e passati.

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    • ma guarda, nel caso specifico in realtà non penso che G. sarebbe tagliato per un ruolo di potere; intendo dire: non so quanto possa essere realmente interessato. la tua domanda, però, non solo è “più che legittima”, ma apre un interrogativo mica da poco: la poltrona cambia il modo di vedere (elegante rivisitazione di: l’occasione fa l’uomo ladro in versione italiana, direi)? personalmente non credo sia nella natura umana. certo, se però quella che costruisci nelle persone è una mentalità antitetica a quella del bene collettivo, è chiaro che non si può che raccogliere quel che hai visto nei tuoi direttori presenti e passati…

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  5. Io intendevo non solo quello a cui accennavi giustamente tu,il bene collettivo ma anche il modo di porsi nei confronti dei cosiddetti subalterni,con arroganza e supponenza.
    Nel mio triste caso il mio e’ un collega eletto da noi,io non l’ho votato,che da animella si è trasformato in iena vendicativa con chiunque osi contraddirlo.

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