Questa mattina, dovendo recarmi in viale Padova per un impegno, ho approfittato per un passaggio veloce alla manifestazione, in occasione dello sciopero generale, a curiosare i volti del corteo in partenza dai bastioni di Porta Venezia.
Belli, sorridenti, attorniati da molteplici colori (con inevitabile prevalenza del rosso); e tanti, davvero tanti, migliaia, forse decine di migliaia, e poco importa se le questure ridimensioneranno i numeri: in queste occasioni, si sa, gli stessi diventano oltremodo relativi.
Bandiere, striscioni, musica e fischietti, qualche petardo; in questo coacervo di suoni (…) ed immagini, volti sorridenti – e non si chieda “cosa avranno mai da sorridere, in tempi come questi?”: erano sorridenti, e questo basti.
Volti agguerriti, volti di colleghi, parole ricorrenti più o meno scontate: «compagno», «compagna»… «lavoro»… «Renzi», «giòbbsècct»… «c’eri anche tu, a quella del…».
È lì che mi fermo, e sussulto. Guardo meglio quei volti e realizzo ciò che l’inconscio stava percependo ma a cui la consapevolezza non stava ancora dando nome.
Potrò sbagliare di poco: la grande maggioranza (due terzi? forse anche di più?) dei manifestanti aveva più di cinquant’anni (di questi, con ogni probabilità prevalevano quelli con più di sessanta). Del (poco) rimanente, la quasi totalità aveva un’età compresa tra i quaranta e i cinquanta. Sotto i quaranta… sotto i quaranta, non pervenuti. Qualche decina, sì, forse anche centinaia; in ogni caso un numero irrisorio in mezzo alle migliaia di volti del corteo.
Questo è lo sconforto di oggi. Per quanti possano essere i motivi di ciò – e indubbiamente sono molti – ho pensato che questo spaccato possa davvero spiegare molte cose.
E, con grande amarezza, constato che questo paese, ormai, non è un paese per giovani neanche nella protesta.
che dire? hai ragione… ma serve protestare?
Per il resto:
– cosa ci facevi vicino a casa mia (via Padova)
– ottima citazione da Eskimo (per il titolo)
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serve protestare? beh, a questa domanda non ho dubbi nella risposta: sì. possiamo eventualmente discutere sulla forma…
non sempre la manifestazione è la migliore, molto spesso ha però una funzione non trascurabile (oltre al rappresentare, in talune occasioni, un momento catartico).
rispondo al resto:
– viale padova per ragioni, diciamo, informatiche. ché la apple è tanto buona e cara, ma soprattutto cara quando si tratta di riparazioni, e più di mille euro (!!!) per riparare il video di un MBP di sei anni fa… anche no, ecco.
– grazie! (anche se la pellona si è risentita) 😉
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dovevo essere un po’ più preciso… la domanda infatti era in modi e non termini 🙂
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figurati, nessun problema. anzi, grazie dello spunto
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‘azzo se serve! all’età che hanno questi nella foto (più o meno la mia), non c’è più tempo per sedersi sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere del nemico. E poi c’è (sempre in considerazione dell’età) la saggia convinzione che stando seduti ad aspettare non passi solo il cadavere del nemico, ma pure quelli degli amici più giovani, dei figli (fors’anche dei nipoti).
🙂
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no, non c’è più tempo di sedersi in riva al fiume. ma il mio timore è che non ci sia più nemmeno la volontà…
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Ma mo’ tutti copiano i miei titoli? Oh, basta!!
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ma perché scusa, ce n’era uno migliore? 🙄
ci ho pensato, eh, che sarei stato un po’ scontato, ma le alternative che m’eran venute in mente (“ricambi generazionali”, “i sindacati della terza età”, “niente lavoro? niente protesta”) non mi convincevano
p.s. hai fatto un post con un titolo così? non ricordavo.
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No, non so, ma l’abitudine ai versi di canzone l’avete copiata…:))
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mi oppongo. da sempre usati, anche in tempi non sospetti, con cadenza varia ed eventuale, parafrasati o tal quali all’occorrenza. controllare per credere. 😉
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Va bene, mi fido allora.
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Ora ho letto anche il post, dopo aver fatto polemica :). Tristezza infinita, sì. Dove sono i giovani?
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I giovani stanno a casa, o, più probabilmente, a lavorare in un’azienda che li ha assunti come “collaboratori” e che alla prima assenza li licenzierà senza pensarci due volte. O stanno a casa perché li hanno convinti che questi sessantenni che protestano sono parassiti, gente che non ha mai lavorato in vita sua e che ora protesta per impedire il cambiamento… ed il posto fisso per loro. O stanno a casa perché hanno loro fatto velatamente capire che sì, magari chissà, se fai il buono e non alzi la testa potrebbe anche accadere che, un giorno, sì, va a sapere…
In poche parole: i giovani stanno (stiamo) a casa perché li (ci) hanno fregato. E continuano a fregarci.
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io penso sia un misto di questi motivi. il primo sicuramente, e senza polemica per l’assenza, come scrive anche ‘povna.
(la tristezza a me viene dopo, quando invece vedo corso vittorio emanuele, a cento metri di distanza, pieno di trentenni con in mano le borse dello shopping, e neanche di quello economico. niente moralismi né statistiche: sono solo, banalmente, indispettito)
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no, ma io li capisco quelli che criticano il titolo e poi non leggono l’articolo, eh. il mio capo fa così con tutti i lavori dei gruppi di ricerca “concorrenti” 😀 😀 😀
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Gne gne gne 🙂
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Son i giovani che abbiamo cresciuto “noi”, figli nostri educati da noi, è questo che ci dovrebbe far pensare.
Abbiamo detto, ripetuto, urlato tante volte “tanto non cambia niente” da averli convinti.
Di contro loro non hanno fatto i giovani quelli che cercano, scrutano, migliorano, esaltano, vivono.
Poi penso siamo italiani, giovani o vecchi…. il problema è quello… “armiamoci e partite”
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sì, quel troppe volte urlato “non cambia niente” lascia il segno. e doloroso.
ma non è mai troppo tardi per rimediare, quindi son d’accordo: si va e si fa.
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PS: però qualche giovane c’era a milano dai 😛
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certo! io! 😛
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Noi non siamo giovani. E, se ti senti tale, questo è un problema. 😛
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diversamente giovani? 😉
(ripensavo alle mie colleghe, che a causa del precariato in cui versiamo hanno annullato qualunque logica contrattuale per non rischiare d’esser “ricattabili”: in tutto questo, mi accorgo di quanto non si curino minimamente del fatto che un approccio meno individuale e scelte maggiormente compartecipate potrebbero essere, al contrario, una grossa tutela)
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ghghghh
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Eppure con un tasso di disoccupazione giovanile al 43% dovrebbero esser liberi da impegni e partecipare…
Capisco che un bel pò di sogni glieli hanno rubati…ma dovrebbero attivarsi per riprenderseli.
Stiamo anche troppo “seduti” 😦
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mi stupisce la cifra… su quale fascia di età? appena ho un attimo di tempo cerco.
però sì, molti sogni son stati discretamente saccheggiati. concordo.
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Il problema è… che ci stanno a fare i giovani in un sindacato se i giovani non hanno lavoro?!
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(e quindi, di conseguenza, si apre l’interrogativo sui sindacati… ma già ne parlò divinamente iome in un suo vecchio post)
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Non stiamo seduti… è che ci piaccia o no… è parecchio sconfortante il panorama… è parecchio disillusiva la nostra “sinistra”… guarda che cosa succede, quando alle elezioni vota il 38% e l’astensione non è un problema secondario. Sindacati e classe politica attuale chi crediono di rappresentare? I sindacati stessi percepiscono lo scollamento tra loro ed il corpo civile non sindacalizzato? I sindacati sono davvero gli eroi che tutti dipingono? O non sono come gli algtri un centro di potere che al nazionale si declina in un modo e nelle singole fabbriche ragiona per altre logiche? Venite a guardare la zona industriale di Bari, ad esempio… e sulla sinistra venite a guardare davvero la “puglia peggiore”…
Io non sto seduto… semplicemente cammino per i fatti miei! Almeno non sarò stato complice di nessuno!
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apri una voragine, che va ben al di là della partecipazione alla manifestazione (ed è forse proprio quella voragine che la manifestazione ha motivato). mi piacerebbe leggerti a raccontare della zona industriale di bari…
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Credo non ti piacerebbe quel che ho da dire su “certa” sinistra
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no no, assolutamente, dì pure. nessun preconcetto, anzi.
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… Non si va fuori di una fabbrica a fare vetrina, a promettere una soluzione reale e fattibile che si chiama “operai che riscattano i mezzi di produzione” poi invece si svende la fabbrica ad una azienda che non esiste e tutto quel che c’è nella fabbrica lo si fa ritirare dai vecchi proprietari dopo che per quasi 12 mesi tutti gli operai ormai “Per strada” hanno dato a te l’estrema fiducia…
… non si firmano accordi con una multinazionale che chiude in Italia ed a Bari uno stabilimento IN ATTIVO… in ATTIVO… permettendo a questa fabbrica una mobilità in uscita sfrenata e prendendo per il culo gli operai senza dir loro la verità ma nascondendo le ondate progressive di “smaltimento in mobilità di esuberi” a seconda di quanta roba in uscita si sia patteggiato tra sindacati e fabbrica…
… non si fa che sei rappresentantuccio sindacale e ti vendi le chiamate a lavoro… anche se da noi “si fa si fa”…
devo continuare?
Eh sì ma… sono gli stessi che parlano insieme a quelli della “puglia migliore” di Puglia Migliore? Azz!
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ti capisco perfettamente. a me spiace, perché la “puglia migliore” aveva avviato un progetto di laboratori territoriali che, se fossero continuati, avrebbero dato un senso al tanto agognato “ripartire dalla gente” che alla sinistra italiana manca ormai da troppo tempo. ho potuto solo leggere delle “fabbriche” (non quella di bari), ma ho pensato in certi momenti che sarebbero stati davvero un modello da esportare. poi, a un certo punto, il crollo, e temo che in questo la parte del leone l’abbiano fatta i buchi neri della sanità.
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Ragazzi, scioperare è un lusso. Molti dei giovani che non sono in manifestano sono a guadagnarsi quel pane cui non si possono permettere di rinunciare – piantiamola di fare i vecchi banali da “non ci sono più le mezze stagioni” e “quando ero giovane io sì, che…”.
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Mah, anche questo mi sembra un luogo comune. Guarda caso quelli che rischiano davvero di non avere di che mangiare protestano anche in modo estremo (vedi i minatori sardi), mentre conosco tanti che accettano di lavorare gratis o condizioni poco dignitose perché tanto le spalle coperte in qualche modo ce le hanno e possono permettersi di “non dare fastidio” al datore di lavoro.
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Consapevole di non fare statistica, io di mio oggi di gente che non ha potuto per motivi economici scioperare ne conosco una ventina. Anche solo sei anni fa dodici di quei venti erano con me a Roma. Fa’ tu.
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che il margine per i lavoratori sotto contratto si sia ridotto, anche senza statistiche, è indubbio. mi rimane un interrogativo sui tutti quei precari che, come me, non hanno contratti e cartellini da timbrare, e che forse proprio per questo devono eventualmente sottostare ad altre forme ricattuali. mi chiedo se in questo non siamo davvero rimasti soli… e io mi ritengo fin fortunato, a poter essere lì oggi.
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non ti saprei dire le proporzioni del fenomeno, ma nel mio ambito (sanità-università) è certamente frequente.
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questo è indubbio. molti sono a lavorare, molti non possono nemmeno permettersi di scioperare. per molti non c’è flessibilità che tenga. i miei pensieri navigavano un pochino al di là di questo: ho la sensazione che si sia progressivamente persa (con molti responsabili di questa perdita) la consapevolezza di essere una collettività lavorativa, che non si è soli (non dico solo a livello sindacale).
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Secondo me il vero problema è che non esiste un “fronte comune”, è stato disintegrato nell’individualismo che ci è stato ben insegnato fin dalla gioventù. Unitelo al vittimismo all’italiana, con la lamentela sempre pronta ma la poca volontà di provare almeno a fare qualcosa, ed ecco servita l’apatia che ci circonda.
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quel che hai scritto è esattamente il mio retropensiero in questo post: si lavora da soli, e si percepisce un potere contrattuale sempre più infimo.
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nel complesso non mi pare sia andato male. Certo uno sciopero generale bisognerebbe provare a tenerlo in mano come l’asso di briscola, strizzando l’occhio al socio e aspettando che sul tavolo scendano i carichi. Perché uno sciopero (per chi lo fa) un lusso non lo è stato mai. Sulla mancata consapevolezza di essere collettività – è vero – manca solo più l’arrivo della cavalleria prussiana e la Waterloo è già fatta. Fronte comune? Parola sconosciuta; perse in Spagna (nonostante una meravigliosa canzone) ed anche qui da noi, nelle mitiche elezioni del ’48. Ripieghiamo verso l’alto in attesa dello scioglimento delle nevi.
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questo sciopeto mi è sembrato un asso di briscola giocato bene, per tempistica e per buona parte delle istanze (non tutte, ma la maggior parte). certo, la conocomitanza con il periodo prefestivo rende tutto più semplice…
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Da me, a scuola, i giovani non scioperano e lo comunicano prima, rinunciando al diritto di non farlo, temono di restare indietro col programma…
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grandiosi. sono avanti. uno sciopero bianco alla danilo dolci.
no, eh? 😦
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Qualcuno, di giovane, era con me. Ma poi ti dicono che non vogliono stare vicino ai cartelli della CGIL. Senza sapere cos’è.
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uh. nel senso che eri anche tu lì?
(e si misero dietro a quelli della uil, perché piaceva di più il colore… 🙄 )
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No, non sono arrivata nel capoluogo di regione. E devo dire, son pentita.
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non per girare il coltello nella piaga ma sì, valeva la pena.
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Giusto un paio di giorni fa mio padre mi diceva che loro le loro battaglie le avevano già combattute e che tocca a noigiovani combatterle oggi. Io gli ho fatto notare che non sono più io “i giovani”. Ne ho 44 e le battaglie le combatto, ma i 20-30?
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sai che non so se lo capisco sempre e fino in fondo il discorso “adesso tocca a voi?”. adesso tocca anche a noi mi suona già di più
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Il problema è davvero che non ci crede più nessuno! E purtroppo come dargli torto? Quando si scopre che da quindici anni, con giunte di sinistra o di destra in modo indifferente, nel comune della capitale di questo Paese rubavano tutti, speculando perfino sulla beneficenza e sulla cooperazione, ma come puoi ancora credere a qualcuno. E vogliamo parlare dei sindacati? Non so voi, ma l’esempio che ho io dei sindacalisti mi fa automaticamente allontanare da qualsiasi cosa propongano. Lo sciopero generale fatto in questo modo non serve assolutamente a nulla. Io sono molto pessimista su qualsiasi orizzonte politico. Non credo a nessuno, non credo nella buona fede di nessuno, nessuno escluso. E più parlano per “il popolo”, per “la gggente” più diffido e giro a largo. Ognuno ricominci a fare il proprio dovere, nel proprio quotidiano. Ognuno ricominci ad essere onesto in quel piccolo che ha a disposizione. Ognuno rispetti le cose e gli altri ogni giorno, tutti i giorni. Questa sarebbe la vera rivoluzione che cambierebbe questo paese. Ma ovviamente, come tutte le rivoluzioni, è solo un’utopia
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convengo che non sia uno dei periodi migliori per parlare di fiducia, né nelle istituzioni né in contesti informali…
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