ciclofficine popolari e meccaniche divine

Quale miglior immagine di una bella sgambata in bicicletta nel pomeriggio di uno qualsiasi di questi giorni di fresca e tiepida brezzolina primaverile?
No, non cerco di farvi sudare i sudore di pensieri: c’è un motivo per questo incipit, anzi ve sono due.
Il primo. Mentre ero in ferie, la settimana scorsa, Pendolante ha dedicato questo post a me e ai (pochi) ciclisti pendolari in circolazione. In attesa del conferimento ufficiale dello status di specie protetta che, lo sto aspettando, prima o poi arriverà da Trenord, ringrazio Pendolante e vi invito a godere della sagacia della sua descrizione.
Il secondo: è un invito, un invito a sostenere un progetto. In questi ultimi anni stanno nascendo diverse ciclofficine. Dicesi ciclofficina (perfetta la definizione su wikipedia) “ambiente dotato di attrezzatura specifica per la riparazione di biciclette, messo a disposizione da associazioni ciclistiche o collettivi, dove chiunque può riparare il proprio velocipede lasciando un’offerta libera, anche grazie alla collaborazione con gli altri utenti”. Credo vada sottolineata la gratuità dell’offerta. Una precisazione, doverosa, trovandosi di fronte alla parola “popolare”: non si tratta di “una roba da nostalgici del grande partito comunista”, è semplicemente un’idea, a suo modo, rivoluzionaria; ma non provo neanche a spiegarlo a quello che ha appena parcheggiato il SUV sul marciapiede dell’edificio qui a fianco.

Ho conosciuto i ragazzi della Ciclofficina Popolare di Gallarate in occasione dell’ultima Bicipace. Si sono presi a cuore il nostro primogenito, a cui i due – ovviamente scriteriati! – genitori stavano facendo percorrere i 32 km dell’itinerario in sella a una biciclettina con ruotine del 14″; il quale primogenito ha comunque ricambiato, non facendo troppi plissé e conseguentemente alimentando in modo smisurato il narcisismo a due ruote dei suddetti genitori (in particolare della parte XY).
Noi, da parte nostra, ci siamo presi a cuore il progetto della Ciclofficina e ci siamo impegnati a diffonderlo, promuoverlo e a sostenere il crowdfunding. Potete farlo a questa pagina qui. Inutile aggiungere che non servono grossi investimenti: cinque euro sono già sufficienti per un paio di camere d’aria, che immagino possiate avere idea di quanto siano preziose.

ciclpopgallP.S. a proposito di campagne di sostegno: per quanto abbia già ricevuto gli onori della cronaca, mi sembrerebbe un peccato non approfittare per segnalare questa petizione rivolta alla reggenza del MIUR (il dicastero preposto all’amministrazione della pubblica istruzione), a seguito della recente boutade del neo-sindaco veneziano Luigi Brugnaro in merito alla censura, nelle scuole, dei libri che promuoverebbero la teoria gender (oh, ma sapete che mi fa ridicolo pure a scriverla, ‘sta parola?). Per chi volesse approfondire rimando a questo bel post di Murasaki, che sottoscrivo da capo a piedi, e all’illuminante video in esso riportato (vi prego di prestare particolare attenzione alla considerazione su donne e autoarticolati).

 

18 thoughts on “ciclofficine popolari e meccaniche divine

  1. Cicloofficina anche nella piccola citta, ma senza crowdfunding (modello banca del tempo che, se devo dire, mi pare più appropriato). No comment sull’ideologia gender, ne ho già spese troppe in altre pubbliche sedi.

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    • ah, bella anche in forma di bdt! ne ho fatto parte, nella città in cui vivevo prima, per molti anni. nonostante alcune criticità che fecero concludere quell’esprienza (c’era un difetto di richieste e un eccesso di offerte), sia conservo un ottimo ricordo sia conservo un’opinione molto positiva delle bdt. nel caso della ciclofficina trovo molto sensato il crowdfunding per coprire (almeno inizialmente) i costi vivi sul materiale, per una sorta di magazzino. per la manodopera, però, ottima l’idea di abbinamento con il circuito dello scambio di servizi.

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  2. Effettivamente è una piacevole novità degli ultimi 4/5 anni, ne conosco almeno un paio in città, ed una nella prima fascia. In occasione di eventi e, a seconda della disponibilità, prestano gratuitamente le bici, sono fra le associazioni promotrici di eventi per sensibilizzare il motorizzato e pigro cittadino italiano…

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    “Mentre ero in ferie, la settimana scorsa, Pendolante ha dedicato questo post a me e ai (pochi) ciclisti pendolari in circolazione. In attesa del conferimento ufficiale dello status di specie protetta che, lo sto aspettando, prima o poi arriverà da Trenord[…]”

    Tu ti lamenti… pensa a chi ha affronta problemi analoghi nella più grande città del Meridione: rivaluteresti i concetti di “pochi” e “specie protetta”, fino a considerare Milano e dintorni ciclisticamente meglio di Copenhagen, credimi. 😉

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    • ma guarda, come dicevamo con celestechiaro: senza forzare paragoni, ciò che mi dà fastidio più del disservizio è il green-washing d’immagine e il farsi belli con expo mentre ai pendolari (vedi l’orario ridotto di questo mese) restano le briciole…

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      • Purtroppo, le contraddizioni in seno e fuori Expo non sono poche, in materia ambientale.
        Si potrebbe risalire ad un’eredità del boom economico, mai veramente superata dagli italiani, che vede il mezzo privato a motore come bene irrinunciabile, e tutto il resto in secondo, terzo piano. In fondo, se di greenwashing si parla, evidentemente, alla maggioranza della popolazione va bene così. Non è un argomento che ritengono sufficientemente meritevole di essere approfondito.
        Anche assessori e politici di mia… conoscenza, specie in vista delle elezioni, fanno ciclicamente dichiarazioni random, circa carrozze con ganci per bici, mobilità sostenibile, trasporto collettivo, ciclabili, car e bike sharing, ed altre amenità che non interessano alla maggioranza dell’elettorato.

        Però, come dicevo scherzando (o forse no), allegria, ad altre latitudini, nella capitale, nella mia Napoli, o a Palermo, c’è chi è messo peggio. 🙂

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