duemiladiciassette, ovvero: frasi (parte terza)

Fare l’elenco dei buoni propositi per l’anno a venire è un’attività sufficientemente insensata – o quantomeno sufficientemente fantasiosa, data l’improbabilità con cui si realizzano  (come saggiamente consiglia gaberricci: qui la spiegazione) – tanto che credo di aver quasi sempre, consciamente o inconsciamente, seguito la linea di non averne. Qualche anno fa (all’inizio del 2013, per l’esattezza), in compenso, mi lanciai nell’augurio di non sentire una serie di frasi che ormai da tempo, ahimé, non abbandonano la mia quotidianità. Ecco, in citazione, il post originale:

Alcune frasi che non vorrei sentire (ma che temo non potrò esimermi dal subire) nel duemilatredici.
«E comunque ormai a andare in pizzeria spendi come al ristorante, eh. L’altra sera, io, una pizza una birra media e un caffè, venti euro. Ma ti pare?»
«Si avvisano i signori viaggiatori che il treno regionale 9224 diretto a Milano viaggia con un ritardo imprecisato a causa di un guasto sulla linea presso la stazione di Bovisa-Politecnico»
«Tanto comunque, chiunque vai a votare, sono tutti uguali, soooono tuuuutti uguaaaali» (da leggere con intenzione, n.d.r.)
«Giovanotto, non si va in bici sul marciapiede» (doverosa spiegazione: provatevi voi ad andare in bici a Milano sul pavée, tra binari del tram, strade sconnesse, scooter impazziti come schegge e SUV impazziti per natura, con manco uno straccio di pista ciclabile, poi ne riparliamo, n.d.r.)
«Ma voi ricercatori, precisamente… cosa ricercate?»
Per il resto, dite quello che vi pare. Però ditelo, che un duemilatredici di maggioranza silenziosa non so se lo sopporto.

(l’articolo originale con i commenti è qui, mentre trovate qui il sequel del 2014).
E niente: avevo anche provato a dimenticare tutto ciò, se non fosse che oggi siamo al solo al nove di gennaio e questa mattina già ho sentito declinare – nei miei confronti – la frase numero quattro nella versione: «‘ste cazzo di biciclette» da una – absit iniuria verbis – simpatica madaminchia impellicciata a zonzo su un marciapiede milanese largo almeno dieci volte lei.
In sostanza, non è mai troppo tardi per illudersi: le frasi di ieri sono implacabilmente attuali. Il nuovo sequel della serie, pertanto, le ripropone con uguale intensità e, per l’occasione, con l’aggiunta di una sola piccola nuova, imprescindibile, frase, una specie di domanda-understatement (se così si può chiamare…) da cui volentieri rifuggirò per il tempo a venire: «Ah, ma quindi tu non sei su facebook?».

Buon anno a tutti.
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29 thoughts on “duemiladiciassette, ovvero: frasi (parte terza)

  1. Le signore con la messa in piega, i pensionati (che a Bologna si chiamano Umarells) appena vedono una bici – la mia – sotto il portico si lamentano, protestano, a volte inveiscono pure. Vacci te in bici su una strada medievale larga quanto un palmo di mano tra auto parcheggiate e autobus che ti sfiorano. I nostri portici son belli larghi, c’è posto per tutti. Ma vuoi mettere un bel SUV nel centro medievale più grande d’Europa? Quelli piacciono molto a troppa gente.

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  2. in effetti certi frasi sarebbe bello non sentirle come tante altre che vengono riproposte dai media nazionali … cmq non è possibile… è da una vita che ti cerco su Facebook e ora scopro che non ci sei ;o)

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  3. Non tanto ora che la bici è convalescente, ma tra aprile e ottobre il leitmotiv é: Quindici chilometri? In bici?!? E come ci riesci?!? (a cui é fondamentale e necessario rispondere “Hai davanti chi ci riesce”, con lo sguardo di ghiaccio alla Clint Eastwood)

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  4. invece di buttare i soldi pagando profumatamente i ricercatori che non sanno cosa ricercare, potremmo fare una splendida sopraelevata a bassisssssimo impatto ambientale dedicata alle biciclette. Poi potremmo promuoverla con una altrettanto splendida campagna su Facebook.
    E per finire, buon anno, adp!

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