vecchie carte da gioco

Non fosse stato per una curiosa coincidenza, probabilmente, questo post non mi sarebbe mai passato per la mente.
Sto gustando, a piccole dosi, l’ultimo libro di Francesco Piccolo, “Il desiderio di essere come TUTTI” – e quel TUTTI scritto maiuscolo è proprio quel TUTTI dell’Unità del 14 giugno 1984, l’immagine di quella folla oceanica che piazza San Giovanni in Laterano raccolse, a Roma, il giorno in cui si tennero i funerali di Enrico Berlinguer.
Questa mattina sul treno, a pagina centoquarantasette, mi sono imbattuto in un breve brano estratto dall’articolo che una giornalista di Repubblica, Rosellina Balbi, scrisse nel 1984 con titolo “Vecchie carte da gioco“. Il brano, che riporto integralmente, è questo: «[…] Personalmente, sono ancora e sempre del parere che la distinzione da fare sia quella tra l’eguaglianza e il diritto all’eguaglianza. La prima non esiste (per fortuna): ciascuno di noi deve fare la sua corsa e arrivare dove potrà, saprà e vorrà. Altra cosa è la parità delle condizioni di partenza: è questo che la sinistra deve ottenere, così come deve continuare a battersi perché la innegabile diversità tra gli uomini non diventi pretesto per la discriminazione e il sopruso dei forti nei confronti dei deboli.»

La coincidenza? Lo scrisse esattamente nella data di oggi: 29 novembre, solamente di ventinove anni fa.

Proseguendo nella lettura dell’articolo orginale: «Ma questo è veteroliberalismo, si obietterà. Può darsi: resta comunque il fatto che questi concetti, e questi obiettivi, sono finora rimasti in gran parte allo stato dell’enunciazione teorica. Forse la sinistra, se li farà propri senza indulgere a irrealistici e un po’ demagogici “scavalcamenti”, riuscirà a trasferirli più concretamente nella realtà quotidiana. Dunque, qualcosa si muove.»

Disse bene, la Balbi: forse. Forse.

unita.giu1984.png

P.S. perdonate se ripropongo un’immagine già usata in altra occasione. Ad ogni buon conto: del libro di Piccolo consiglio, caldamente, la lettura.

25 thoughts on “vecchie carte da gioco

  1. “Ho tanti amici che si chiamano Enrico, non vedo bambini che si chiamano Achille e non so quanti si chiameranno Massimo, fra vent’ anni”. Francesca Borri da Bari, 16 anni a Massimo D’Alema nel 1997. Non so quanto c’entri, ma ogni volta che si parla di queste cose mi viene in mente il suo bellissimo discorso.http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/02/22/sinistra-devi-volare-francesca-16-anni-sfida.html

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  2. Piccolo ne parla del funerale di Berlinguer e racconta di non aver partecipato a quei TUTTI che erano lì, di aver seguito la cerimonia alla tele. Ora forse vuol ricongiungersi a quella folla.

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  3. Che bello, grazie. E che bella lingua, dà forza ai concetti. Mi chiedo se aprendo la Repubblica in questi giorni (a casa dei miei c’è ogni mattina la copia cartacea, in consegna) manchino di più la lingua, o i concetti.

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  4. Io c ero. Quanto ho pianto con mio nonno.
    La cosa che oggi ripenso di quel ricordo è il fatto che i più affranti eravamo io, sedicenne, e lui, settantacinquenne.
    I miei erano nel pieno degli anni (i miei attuali) e forse avevano ancora delle speranze (imperiture in quella generazione visto che ancora oggi, nonostante tutto, mia madre dice sempre convinta “impegnamoci, non lasciamo stare, andrà meglio”).
    Io e lui invece, seguendo quel feretro, sentivamo la perdita dell intero sogno di sinistra.

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    • no, non tiene più. a livello di pensiero collettivo, non è solo un timore, per quanto mi riguarda è una certezza. a livello individuale e personale, però, continuo a crederci, fino in fondo, e spero di non perdere mai la tensione ad agire di conseguenza.

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  5. anni fa ricordo che Diliberto, in una delle rare occasioni in cui non predicò solo involute glosse al capitale di marx, disse qualcòsa di molto simile.

    personalmente, e per ragioni valide e invalide, non ho molto a cuore Diliberto, ma quella sera me lo abbracciai sinceramente. in senso metaforico.

    un pò mi solleva averti letto.

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  6. La cosa tragica è che un articolo del genere oggi non lo capirebbe nessuno. Adesso le darebbero della troia, o al massimo dell’ispirazione ideologica la manderebbero a fanculo. Ognuno ha i tempi che si merita, si vede.

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  8. E’ destino, sono tre tornate di libreria che me lo guardo e non lo compro. Ora mi sono convinta, ecco il mio prossimo acquisto. O aspetto Maggio che avrò 80 euri in più? Vabbè, per dire.

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