la religione è l’oppio delle donne

O, meglio, più che delle donne sarebbe corretto dire delle infermiere, dato che lo studio è stato condotto su circa 74.500 (settantaquattromilacinquecento) delle partecipanti al Nurses’ Health Study. È l’articolo del giorno, qui per chi volesse leggerlo (ne vale la pena), e presumo farà discutere.
I credenti fanno il botto, parrebbe: l’articolo, pubblicato su JAMA Internal Medicine (una rivistina che ha comunque il suo bel 13 e passa di impact factor, mica pizza e fichi), conclude che «Frequent attendance at religious services was associated with significantly lower risk of all-cause, cardiovascular, and cancer mortality among women» (partecipare regolarmente alle funzioni religiose è associato a un rischio significativamente più basso di mortalità tra le donne). Nello specifico, nella coorte di donne prese in considerazione dallo studio, nel corso dei 16 anni di follow up si sono registrati 13.537 decessi, tra i quali 2.721 per malattie cardiovascolari e 4.479 per cancro: le assidue frequentatrici di funzioni religiose hanno presentato un rischio di mortalità ridotto del 33%. In altre parole, si direbbe, l’ateismo (o quantomeno l’assenza di pratica religiosa) non paga: fede-scienza 1-0, con il supporto della scienza (si potrebbe chiamare autogol).
Giusto riconoscere il dato, ma non posso esimermi dalla posizione di avvocato del diavolo (beh, l’espressione casca a pennello), perché la mia impressione è che l’articolo sia un pochino… come direbbero a Oxford? un pochino paraculo, ecco. Per un po’ motivi: il primo, gli autori stessi riconoscono che un importante contributo alla riduzione di mortalità va ricercato nella minor presenza di sintomi depressivi, in un maggior ottimismo di fondo, in una meno frequente abitudine al fumo e nel poter contare su un supporto sociale (hai detto niente). Secondo, i risultati non possono essere generalizzati – ammettono sempre gli autori – perché la maggior parte delle partecipanti allo studio sono vagaemente WASP (bianche, anglosassoni, protestanti) ed infermiere il cui quotidiano è strutturato su un certo tenore salariale, supportato da un livello di istruzione medio-alto e conoscenze che predispongono a uno stile di vita salutare; sarebbe interessante riproporre il medesimo studio in gruppi di afro-americans o includendo persone di fede musulmana (totalmente assenti nel presente). Ma soprattutto: trovare una correlazione non significa, ovviamente, trovare un nesso di causalità. Lo studio descrive un’associazione tra la frequenza della pratica religiosa (come unico parametro, per altro) e la mortalità, mentre praticamente non ne trova alcuna con l’incidenza di certe malattie. Sarebbe stato interessante se, analizzando i risultati, avessero discusso la questione anche dal punto di vista inverso, vale a dire se non possa essere l’insorgenza della malattia a causare una riduzione della frequenza nella pratica religiosa: detto altrimenti, chi si ammala non ha tempo né testa di andare in chiesa, quindi smette. Questione di prospettive.
In compenso, mi sento di sostenere che l’articolo sarebbe un’ottima ricerca a riprova dell’applicabilità su larga scala della teoria di Pascal: nel dubbio, pregate [è una battuta, n.d.adp, mica che non si capisca].

Detto ciò, a chiosa del tutto: pur da non credente, condivido e sostengo in pieno la conclusione degli autori. La condivido e la sostengo non in quanto consequenziale ai risultati presentati, preferirei piuttosto considerarla a latere, in quel magico gioco delle parti tra mente e corpo ancora così difficile da capire per la scienza. Che cosa concludono? Semplicemente che la spiritualità è fondamentale, è una risorsa sottovalutata che i medici potrebbero, all’occasione, esplorare con i propri pazienti, per la stessa ragione per cui un bicchiere di acqua e limone può, all’occorrenza, diventare medicina per lo spirito – come conclude wellentheorie nel suo post di oggi: se quel qualcosa fa stare anche solo un pochino bene, allora perseguitelo. «Con convinzione, con entusiasmo, con allegria» (cit.).

2016-04-15 09.15.54

41 thoughts on “la religione è l’oppio delle donne

  1. Penso anch’io che la spiritualità aiuti, sebbene credo morirò atea. Mia nonna superò il dolore della perdita di un figlio di 3 anni pensando che Dio lo aveva voluto per un qualche motivo… E io certo non l’ho mai contraddetta

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  2. E la vita l’è bela, basta avere un umbrela, che ti para la testa… Ti dirò, da credente credo molto poco in teorie del genere, mi sembra, come dici giustamente tu, che siano mooolto orientate e preordinato. Un po’ come le alternative alla Catalano…meglio essere bianchi, ricchi, in salute e devoti o neri, poveri, malati e atei?

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  3. Su questo argomento le ricerche hanno sempre offerto risultati controversi: ricordo, tempo fa, una ricerca che mostrava come i pazienti oncologici che credono che qualcuno stia pregando per loro muoiono in numero superiore a quelli che invece sono convinti di dovercela fare “con le proprie sole forze”.

    Per il resto, hai già detto tutto tu. Il giorno in cui mi mostreranno perché succede (=quando scenderà dal cielo l’Onnipotente a mostrarmi che ha aiutato il gruppo in cui sono morte meno persone – e non si capisce perché, a questo punto, non scegliere la via del risultato eclatante, tipo far morire tutte quelle di un gruppo e nessuna di quello di un altro) allora prenderò il risultato sul serio.

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    • ma assolutamente, e anche molto di più che aiutare. ed è un po’ il senso della conclusione: credere, crederci con entusiasmo ed energia. qua la sfumatura è leggermente diversa, quel che secondo me rischia di sfociare nel ciarlatanesimo. più mi soffermo a rileggere il titolo (terra-terra traducibile con un: “chi va in chiesa muore di meno”), ecco, più mi fa rabbia che si usi la scienza in questo modo. a questo punto, che restino piuttosto sempre separate, scienza e fede!

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  4. Be’… fede no… non ce la posso fare. Spiritualità sì, finché ne vuoi. Però un qualunque statistico ti direbbe a colpo d’occhio che parametrare un campione omogeneo escludendo qualunque eccezione o variabile ovviamente non porta a un risultato attendibile (13 di impact factor pubblica sta roba???)

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  5. Assolutamente d’accordo sull’assurdità della conduzione di molte ricerche statistiche. Ai tempi della scuola mi insegnarono il primo assioma: si trova quel che si cerca. Mi chiedo anche cosa mai porti a fare certe ricerche. Ma, non perdiamo altro tempo in questo, condivido anche quello che scrivi a fine post. E mi pare la valutazione migliore e di più ampie vedute, capace di lasciare aperta la porta anche al diverso, a ciò che non fa parte delle nostre certezze, idee, convinzioni, posizioni.
    Un’apertura sana, non incondizionata nè dissennata 🙂

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  6. Sono molto scettico su statistiche di questo tipo. Che ci sia però un influsso della psiche sullo stato di salute del fisico, penso si possa dire che è accertato. Esistono molti testi, soprattutto americani, che riportano casi clinici di persone che con problemi di depressione si sono presto ammalate di cancro.
    Che poi la fede aiuti le persone a evitare situazioni di depressione, può essere, ma è tutto molto soggettivo.

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    • laddove “scettico” è un eufemismo 😉
      la questione dello “psichismo” delle malattie è argomento spinoso ed estremamente controverso, perché c’è un problema oggettivo nel cercare di dimostrare con un metodo scientifico “occidentale”, passami il termine, un qualcosa, quell’equilibrio tra mente e corpo, basato su una logica diversa, più facilmente spiegabile con concetti pre-scientifici che con la statistica o sul tavolo autoptico. per fare una battuta… un po’ bisogna crederci: forse è proprio a questo punto che subentra la fede! 😀

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  7. Questione interessante, e mi trovo d’accordo con quello che dici. Tra l’altro, quando ho scritto la frase che citi, avevo in mente, oltre all’acqua e limone, mia suocera e la sua religiosità incrollabile. Pur dal mio ateismo altrettanto incrollabile, la rispetto molto perché, alla fine, la religione le dà una vita sociale, tante amicizie, degli obiettivi, la serenità di credere che sta facendo la cosa giusta, eccetera, che la rendono felice. L’unica controindicazione è che si batte per idee che io trovo pericolose (ad esempio contro i rapporti omosessuali) e che sono potenzialmente portatrici di grandi sofferenze (ad esempio se sei omosessuale e credente, e credi che ciò che desideri sia sbagliato e che dio ti punirà per questo… Dev’essere terribile). Insomma, io continuo a parteggiare per l’ateismo, ma se proprio la fede ti rende felice e sereno, chi sono io per dirti che dovresti cambiare? (Ovviamente sto usando un tu generico, non fraintendere!) 🙂

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    • tranquilla, nesun rischio che potessi fraintendere 😉
      sottoscrivo e riconfermo in pieno la bontà del percorso individuale, qualunque esso sia, un’incrollabile fede cattolica così come l’ateismo, al quale mi sento ugualmente vicino ma non privandolo di quel pizzico di spiritualità – ragion per cui, se proprio una categoria va trovata, preferisco appunto riconoscermi nella non-credenza.
      ecco, aggiungo che, proprio per il medesimo motivo, mal tollero a livello collettivo/sociale (vedi discorso omosessualità) le ingerenze da parte di chi professa una fede religiosa nelle umane vicende e nelle questioni etiche. lo chiamerei “il lato oscuro della religione”, per usare un riferimento che ti è sicuramente familiare. “mal tollero” è un eufemismo, ovviamente.

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  8. Credo che la spiritualità sia di grande aiuto nell’affrontare le difficoltà della vita… un conto è se le affronti sempre incazzato e depresso un altro è se le affronti in modo rilassato e consapevole. Della sana meditazione, che ti abbassi la pressione e ti dia un certo distacco dai problemi, può aiutarti ad affrontarli meglio, e questo indipendentemente dall’essere ateo o credente…
    Partecipare banalmente a riti religiosi non credo sia di molto aiuto o almeno dipende dalle persone con cui hai a che fare: le rarissime volte in cui vado alla Messa e sento i discorsi del mio parroco… beh esco dalla chiesa più depresso e incazzato di quando sono entrato…

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    • scusa, mi sono accorto ora che mi ero perso questo commento per strada!
      so che dalle esperienze personali non è lecita la generalizzazione, ma qua la questione è esattamente opposta: faccio sempre più fatica a trovare persone che, ancorché credenti, apprezzino l’operato dei ministri di dio di riferimento. laddove succede, prima che una grande religiosità viene apprezzata la grande umanità e al grande spiritualità. qualcosa non torna, ma ce ne accorgeremo sempre troppo tardi. troppo imbrigliati nei dogmi, non ascoltiamo il nostro bisogno di benessere (mi ritorna alla mente – associazione di idee – quel pensiero magnificamente espresso da bergonzoni di cui parlavo tempo fa qui: «Noi abbiamo cinque sensi che ascoltiamo, e rispettiamo. Se vicino a noi attaccano tre martelli pneumatici, che fanno un frastuono infernale, noi che facciamo, stiamo lì ad ascoltarli e farci massacrare i timpani?!? No! Ce le andiamo! Se entriamo in una stanza piena di puzza di merda, cosa facciamo? Restiamo lì? Ma noooo! Prendiamo e u-s-c-i-a-m-o, e rapidamente. Allora, per quale motivo quando, ad esempio a lavoro, incontriamo qualcuno che emana un’energia negativa che in confronto la puzza di merda… eeeeeeeeeeh!… per quale motivo noi, anziché andarcene a gambe levate incrociamo le braccia, stiamo lì, e cosa diciamo? “Aaah-ah. Capisco. Sì, certo.”. E ascoltiamo, e stiamo lì! Che cosa diamine non ci fa dare retta al nostro sesto senso?!?».)

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      • “per quale motivo quando, ad esempio a lavoro, incontriamo qualcuno che emana un’energia negativa che in confronto la puzza di merda… eeeeeeeeeeh!… per quale motivo noi, anziché andarcene a gambe levate incrociamo le braccia, stiamo lì?”
        Perchè quella puzza di merda ci da uno stipendio che ci permette di campare… E’ brutto dirlo ma è così… purtroppo!

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  9. Ovvio, banale e scontato che chi pratica meditazione, che sia yoga, o altro, è di solito abituato a rilassare la mente – in una parola Mindfulness –
    Quindi sa ridurre lo stress quindi sa vivere meglio, probabilmente mangiare meglio, respirare meglio, agire e lavorare meglio.
    Il solo fatto di cercare, coltivare una pratica, è di per sé indice di ricerca di benessere interiore. E anche qui, mi pare persino banale e scontato dire che maggiore è il benessere interiore, maggiore è la qualità della vita, complessivamente. Sia sul piano fisico, sia psichico.
    La “preghiera” intesa come pratica, come lavoro introspettivo, come cura per l’anima (non importa se si prega un dio, nessuno o centomila) non differisce da quanto sopra. E’ pratica. Punto. E’ pensiero. E’ riflessione. E’ introspezione.

    Condivido in grassetto il concetto: ateismo NON significa affatto assenza di spiritualità. Ma pare che bisognerebbe prima definire il concetto di “religione” e quello di “spiritualità” perché spesso mi sembra che non abbia un’accezione univoca.

    Infine
    Mi unisco alla simpatia verso Feynman, l’ho letto e lo leggo: persona singolare, geniale. Personalità complessa e curiosa. Affascinante.
    Ma.. proprio per sottolineare (e anche qui in grassetto) che una medaglia non ha mai una faccia sola, così come anche la luna, e così come anche Mr Feynman, che, come sappiamo tutti, ha partecipato al progetto Manhattan.
    Kary Mullins (Ballando nudi nel campo della mente) potrebbe da alcuni essere definito “matto da legare” anche lui.
    Offre molti spunti di riflessione.. Interessatissimi a partire dal suo rifiuto di dare per scontato ogni cosa, dissociandosi da ogni “fede incrollabile”.

    Personalmente ritengo ugualmente inadatti a qualsiasi tipo di ricerca o pratica spirituale sia chi si ritiene incrollabilmente ateo, sia chi si ritiene incrollabilmente credente. L’assenza di spiragli da cui far entrare luce, condanna al buio. Inevitabilmente.. credo.

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  10. Leggerò dell’ossitocina. Non sono addetta ai lavori nemmeno lontanamente ma sono argomenti interessanti.

    Ehh lo so che non è scontato… Specie se dobbiamo pagare qualcuno per fare le “statistiche”…. Ogni tanto rido, leggendo alcune statistiche. Ti vien da dire: ma li pagano anche questi? Mah!!!
    E che dire sui vari cibi? un giorno lo zucchero fa malissimo il giorno dopo fa bene al cervello. Poi è il turno dell’olio, poi quello del cioccolato.
    Uguale per l’attività fisica: oggi fa bene, ma anche domani no perchè aumenta il cortisolo. E tutti che parlano di cortisolo come se fosse il vicino di casa… Per me vale sempre la vecchia e buona regola: est modus in rebus per tutto. Ogni giorno c’è un demone o una sostanza miracolosa: cosi vendiamo giornali, notizie, e… specialmente prodotti! Integratori, vitamine, pillole e polverine…
    A proposito: pillola rossa o pillola blu?

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