piccola storia zen

Confesso che la notizia della scomparsa di Pirsig mi ha colto di sorpresa. Mi ha spiazzato per un motivo che, a pensarci bene, suona piuttosto strano pure al qui scrivente: per me, Robert Pirsig non è mai appartenuto ad un tempo storico. In altre parole: prima di ieri notte, quando ho appunto letto il necrologio online (coccodrillo di pregevole fattura, per altro), non avrei saputo collocarne nel secolo scorso la data di nascita né avrei saputo dire se ad oggi fosse ancora vivo. Ciò che mi ha spiazzato è il fatto, per converso, di considerare il libro di Pirsig Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta (sottolineo: non un libro ma il libro; se si esclude un bistrattato seguito non ne scrisse infatti altri) uno dei piccoli viaggi magici nella lettura più affascinanti, se non il più affascinante, che io ricordi dei miei vent’anni (curiosa nemesi della mia memoria, mi verrebbe da dire, che incappa nell’indeterminazione cronologica-biografica proprio con un autore che – quasi per antonomasia – ha fatto dell’incertezza e del dubbio il senso per eccellenza del viaggio e della ricerca).
Non sto a riscrivere quanto già raccontato dai quotidiani online: si potrebbero riversar fiumi di parole sulla meraviglia del viaggio coast-to-coast padre e figlio (Ervas, non me ne volere: avrai anche scritto un bel libro, ma la sceneggiatura non è proprio originale), sulla malattia psichica, sull’assurdità della perdita del figlio qualche anno dopo il viaggio, sui viaggi in barca in solitudine ma anche sul senso immenso della ricerca continua, sul viaggio che è in primis un viaggio dentro se stessi, sull’importanza del percorso più che della méta, ete etc etc. Ecco, non c’è bisogno: è esattamente così.
Credo sia sufficiente il rimando al già citato articolo (o a quest’altro) per chi non conoscesse Pirsig e volesse qualche notizia in più. Per quanto mi riguarda, forse per rimediare all’inconscia mancanza nei confronti della sua biografia, forse per il debito di almeno due post passati che al titolo del suo libro smaccatamente si ispirarono (questo e questo), forse per il piacere di far conoscere Pirsig ai lettori di questo blog che non ne abbiano sentito parlare prima o forse, infine e semplicemente, per una piccola ma sentita riconoscenza nei confronti dello scrittore di quel libro a suo modo così rivoluzionario (ancorché di rivoluzione interiore si tratti), ecco, mi accontento di raccontarlo semplicemente attraverso queste semplici parole che avete letto.

«Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare»
[FDA]*


* Può parer strano che la citazione di chiusura (ah , tra perentesi, non me ne vogliate, non voglio prender l’abitudine, ma ci stava) non sia una delle tante belle riflessioni di Pirsig e che l’immagine (guai a chi osa dire che non sia sufficientemente metaforica) non raffiguri un padre in sella alla motocicletta con il proprio figlio, ma capirete bene come a quelle abbia già, ovviamente, provveduto Repubblica nella sua galleria fotografica.

4 thoughts on “piccola storia zen

  1. Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta lo regalai molti anni fa a un amico che amava la moto, ma io non l’ho mai letto (forse neanche lui). Il tuo articolo però me ne ha fatto venir voglia 🙂 perché non sapevo nulla del suo autore e mi pare fosse un tipo simpatico e un pochetto “picchiatello” nella sua malinconia…

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