fatti non foste per viver come bruchi

Post estemporaneo. O meglio, la breve riflessione matura da un fatto contingente, ovvero che in questi giorni sia alle prese con l’indicatore della situazione economica equivalente, nobile strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie nella Repubblica Italiana (o quel che ne resta), anche noto come ISEE.

Intendiamoci subito: non voglio cadere in qualunquismi di sorta né essere disfattista: è una misura come tante e ha una sua probabile utilità sociale, e non ho intenzione di entrare nel merito della questione, per cui ad esempio sulla base di un indice la scuola costa un tot per alcuni ed un tot per altri.
La riflessione è di altro tipo: ho realizzato che l’ISEE è l’ennesimo metro di valutazione che tiene conto di quantità e non di qualità. Sì, va bene, la quantità è più facilmente oggettivabile, per quanto tanti aspetti legati alle quantità non vengano minimamente considerati: qualcuno ad esempio deve spiegarmi prima o poi perché un borsista di ricerca (tipo il qui scrivente) deve pagare quasi il dieci per cento di IRAP sul già ridicolo lordo perché considerato “assimilabile a lavoratore dipendente”, senza però goderne degli stessi diritti di ferie, tutela previdenziale, maternità, malattia, sostegno economico straordinario. Di questo l’ISEE non tiene conto, ma tant’è, ripeto: dovendo essere un indice universale non può tener conto di tutto ed è comunque per definizione perfettibile. Il fatto che però la quantità sia oggettivabile non mi basta. La sfilza di documenti che ho presentato per “farmi indicizzare” e per farmi dire che “stiamo in quella fascia lì” non dice di tutto il resto.

Non dice delle ore passate a lavoro, né delle (in)soddisfazioni che questo ti dà, nè del tempo per arrivarci, in treno, ogni giorno, ché oggi a dire precario e pendolare assieme è come dire la peste. Non dice che, pur non essendo dipendente e senza quei diritti di cui sopra, hai ogni giorni l’incombenza di timbrare un badge – per questioni di assicurazione, dicono, ma poi scopri che non è così, vedi post “like a badge over troubled water“. Non dice che il tuo contratto non è un contratto, che non puoi permetterti di chiedere un mutuo senza scomodare tutto il parentado con prestiti fideiussioni e ipoteche, perché se vai in banca e ti chiedono “che contratto hai?” iniziano a ridere ancora prima ancora che tu abbia finito di dire “borsista”, figuriamoci quando aggiungi “di ricerca”.
Non dice, soprattutto, di quella sensazione di incertezza che ti porti dentro ogni giorno, quella che trasforma in dubbio ogni scelta a lungo termine che ti s’affaccia nel quotidiano (e, con dei figli, non sono certo poche), per cui non sai quello che farai tra un anno, se ti si “apriranno prospettive” (va di moda, questa espressione, nel mondo della ricerca: non conti un cazzo, non c’è uno straccio di contratto in vista, c’è una legge partorita dal cervello di una gallina, ma le prospettive… aaaah, le prospettive) – e comunque, ammesso che queste prospettive si aprano, non sai né dove né quando.
Non dice della frustrazione di fronte allo schermo del portatile quando guardi i costi dei viaggi in aereo o in treno, e le immagini dei luoghi e non riuscirai ad andare perché non puoi permetterteli.
Non dice di tante altre cose.

Altro che ISEE. Ricercatore, hai voglia a “seguir virtute e canoscenza”. Qua, da precari, bruchi – e comunque non bruti, prego – s’è nati e, per ora, bruchi si rimane. Ché la strada per diventar farfalle è tutta in salita.

dalpuntodivistadelbruco

23 thoughts on “fatti non foste per viver come bruchi

  1. La qualità è troppo “effimera” per essere valutata anche se, secondo me, un metro di paragone si potrebbe trovare per rendere più equo il calcolo delle cose…
    L’importante è continuare ad andare avanti per cercare il “gelso” migliore dovre trasformarsi in bachi e poi in farfalle.

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    • io penso che ci si possa provare, sai. se ci sono (quasi) riusciti con l’indice di sviluppo umano al posto del pil per i paesi onu, secondo me un ragionevole spazio ci sarebbe anche a livello nazionale. certo, qua, in questo paese, ora, non è che sia come dirlo…

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  2. sì ma fratello tu hai presenta la bellezza di questo bruco? che io mi ci sono persa dentro, che quasi quasi vien voglia di non esser mai farfalle se questo è il bruco. Tu pensa che a me non fanno neanche il telepass, altro che mutuo, altro che isee. Ma sono giovane ricercatrice anche io, giovane borsista con quelle sigle che ci pago quasi il trenta per cento sul lordo. sono giovane cazzo di bruco. bellissimo però. fanculo.

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    • eh sì che ce l’ho presente. in mezzo a tutte le immagini che mi sono capitate di fronte agli occhi, folgorante. so che non hai fatica a crederlo, ma ho anche pensato la stessa cosa, soprattutto quando ho letto il post da cui proviene. leggilo. viene da un blog, per cui chiedo perdono all’autore per il copia incolla dell’immagine, ma come si può intuire non sono per la proprietà intellettuale, ecco… e poi mi sdebito linkandolo: http://exoom.wordpress.com/2011/06/06/bruchi-e-scelte/ bruchi, sì, ma con incommensurabile dignità.

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  3. tenesse almeno conto bene della quantità, invece no, non è nemmeno molto indicativo. vedessi che scamuffi vengono fatti, come per tutto d’altronde.
    di fronte alla casa di quando ero piccola c’era una bella riga di gelsi. una volta abbiamo tenuto i bruchi in una scatola di scarpe. quanto puzzavano! i bachi erano belli, le farfalle meno.
    ma era bello uscire di casa, attraversare la strada senza neanche guardare, perchè non serviva, e prendere da mangiare per i bruchi.

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  4. Ho letto il tuo post con tanta partecipazione. L’ho sentito gridato ma non urlato (per me c’è differenza). Detto con quella dignità a schiena dritta che è appannaggio di pochi . Nella vita di ognuno ci sono problemi, credimi ma quello che più mi rattrista e mi fa imbestialire è che a volte, come in questo caso, si approfitta delle persone. Della loro fiducia, dei loro progetti, del loro bisogno di dare concretezza ai loro studi, del loro futuro. Mi verrebbe voglia di darti una mano, credimi.Se solo sapessi come. Sappi che per quello che può la rete, o la vicinanza di idee, io ci sono.

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  5. Brrr, l’ISEE… ogni anno è il terrore, tra tutte quelle fasce non sai mai dove ti piazzano.
    Voi ricercatori borsisti meritereste una statua d’oro. Qui da noi i migliori sono stati per decenni ricercatori sottopagati, ma come spiegano loro nessuno dei tanti professoroni che hanno la villetta nella parte alta della città. Ci mettete passione, impegno, spirito di sacrificio… già siete farfalle, sfortunatamente nessuno ve lo fa notare.

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    • ma anche senza statue, basterebbe giusto giusto una leggina… “ma i politici han ben altro a cui pensare” (cit.), no? (avevo detto niente qualunquismi all’inizio del post, ma questo m’è proprio scappato sulla tastiera…)

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  6. Io sono uno statale e lo sai. Uno di quelli del “finché pensione non vi separi” (anche se attualmente credo che ci separeremo prima, io e l’ospedale, ma è un altro discorso questo..).
    E al momento di ‘sti documenti ho sentito parlare ma non ne so molto (e mi vanto di rimanerne burocraticamente ignorante finché potrò).
    Però il tuo post mi ha suscitato un’altra riflessione: ma i nostri nonni, facevano tutti ‘sti conti e passavano tutte ‘ste notti insonni a pensare al futuro dei figli, a che cosa potrò garantirgli, a cosa gli aspetta se io faccio o meno questo o quello?
    O facevano come fanno ancora oggi molti stranieri? Li mettono al mondo e cercano di dargli il meglio che possono. Che a volte è pochino pochino, sicuramente non è pieno di optional, anzi, in genere è molto essenziale ma li porta a diventare grandi lo stesso.
    Allora, se le due cose sono agli antipodi, chi sbaglia?
    Noi che viviamo facendoci i conti in tasca e che spesso mettiamo al mondo tanti figli quanti possiamo permettercene o loro che non conoscono nemmeno il concetto di controllo delle nascite?
    E se sbagliassimo entrambi e la verità fosse nel mezzo?
    Come facciamo a raggiungere la serenità interiore di quella terra di mezzo?
    (si lo sono, sono andata off topic, ma ormai l’ho scritto..)

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    • non so darti una risposta, se non dirti che sono istintivamente portato a scegliere ciò che preserva l’equilibrio fisico e mentale dei genitori: la serenità come presupposto per cui, indipendentemente dal numero dei figli, puoi garantire a loro altrettanta serenità. ma a questo punto aspetto da te un post 😉
      (ah, la questione isee ti si affaccerà credo al momento dell’iscrizione di Guu alle scuole statali o comunali).

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  7. scusa ma mi sono perso.
    Ti ho sempre pensato uomo di mondo, uno con una bella testa che capisce le cose come e meglio di me e all’improvviso hai scoperto che nel mondo ci sono le ingiustizie?
    wow
    un premio al mio amico Ammenicolo.

    Scherzi a parte. Capisco bene il tuo scoramente. Il problema non è solo della tua categoria. E’ questo il problema… ognuno (me compreso) tende sopratutto a vedere le cose che lo riguardano direttamente e mai il generale
    il famoso NIMBY

    insomma… welcome to the club

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ammennicoli di commento